Arte

Creature di ferro, gli animali del fabbro e poeta Giovanni Tamburelli

Tamburelli Ricci di chiodi

Pesci, rane, uccelli, zanzare e molte altre bizzarre creature compongono il fantasioso bestiario che lo scultore forgia nel suo laboratorio-officina. Una casa con le meridiane e l’orto, dove i pesci stanno in giardino, le sedie sul tetto, le rane nelle voliere, i rinoceronti sul comò, al posto delle civette che preferiscono, sembra, accomodarsi sul sofà

Potreste incontrarle durante le vostre passeggiate in collina, oppure subire le loro dispettose incursioni mentre consumate gustose merende durante gite fuoriporta nelle campagne piemontesi. Sono le stravaganti creature forgiate dalle mani di Giovanni Tamburelli, che costituiscono una vera animaleria di ferro, un fantasioso esercito pronto a invadere con la loro dirompente poesia i nostri spazi quotidiani.Giovanni Tamburelli, figlio, nipote e pronipote di fabbri, è passato dalla poesia alla scultura in ferro e poi alla pittura. Il suo lavoro, esposto in molte rassegne è raccolto nel volume intitolato Io sono un camaleonte, edito da Umberto Allemandi. Come poeta ha pubblicato plaquétte e libri d’artista con Enrico Colombotto Rosso, Aldo Mondino, Wainer Vaccari, Tiziana Fusari, Gareth Fisher, Victor Kastelic.

Fondamentale è stata nella sua vicenda biografica l’amicizia con Maurizio Corgnati; della sua produzione poetica e artistica si sono interessati e hanno scritto, tra gli altri, Nico Orengo, Sebastiano Vasalli, Gad Lerner, Gillo Dorfles, Fabrizio Dentice, Carlo Petrini e il Prix Goncourt Frédérick Tristan. Nel 2011 ha partecipato alla Biennale Internazionale d’Arte di Venezia con l’opera L’arte non è cosa nostra, esposta al Padiglione Italia.
Ci sono diversi livelli nel lavoro di Tamburelli: una fresca e disinvolta abilità nel dare forma alla materia, un senso lussureggiante del colore e un vortice di immagini nei suoi testi poetici e narrativi.

Come scrive Giorgio Calcagno «è fabbro prima che poeta, è poeta prima che artista... ma poi il ferro si muta in parola e la parola in arte. Con la stessa fantasia e con lo stesso rigore con cui batte la lamina rovente, scrive poemi cosmogonici, filastrocche dense di draghi e arcidiavoli per poi tramutarli in oggetti, evidenze, sculture»

La sua ispirazione nasce nel laboratorio-officina di Saluggia, in provincia di Vercelli, dove lavora il ferro con la forgia e il maglio e dove realizza le sue creazioni: gioielli d’argento, sedie e pesci di ferro. Gli anelli, dalle forme improbabili, sono vere e proprie sculture; le sedie, nelle loro sembianze zoomorfe, stupiscono per le azzardate soluzioni costruttive; i pesci, in lamiera e vernice industriale, compongono un acquario scultoreo di sorprendente fantasia.
Il suo bestiario si è arricchito nel tempo di rane, mucche, uccelli, zanzare. Tutti che un po’ sognano di volare e insieme danno vita a una curiosa fattoria provvisoriamente ospitata nella casa dell’artista. 

In quella casa tra migliaia di libri – che sono la vera occupazione di Tamburelli (scoprirli, cercarli, trovarli, leggerli e rileggerli, raccontarli agli amici) – vivono anche i non meno fantasmatici personaggi dei suoi acquarelli, curiose figure senza origine che si affacciano alla vita fragile della carta Fabriano; sempre un po’ sorprese, si direbbe, della loro stessa esistenza di ibridi e connubi tra l’umano e il non umano, si portano addosso il ricordo dei molti viaggi in Oriente compiuti dall’artista, della sua immersione nella vita dai ritmi lenti e sospirosi di quelle terre del sole che si leva, che affiorano in una proboscide, in una barca dalla foggia inconsueta per le rive del Po, negli occhi a mandorla di una figura femminile indecisa se andare o restare. Forse volte a cercare l’ozio elevato a filosofia, come Tamburelli che di quelle storie è il solo unico depositario e un po’ per volta ce le racconta in una pausa tra un libro e una poesia.

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Archivio fotografico del sito web: giovannitamburelliartista.com | Si ringraziano quanti hanno collaborato alla realizzazione di questo articolo.

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